Edgar O'Ballance, nel libro "Islamic Fundamentalism Terrorism, 1979-95", ripercorre fedelmente quindici anni di storia del fondamentalismo islamico analizzando ogni singolo episodio terroristico avvenuto nell'arco di tempo che va dalla rivoluzione khomeinista del ‘79 alla "esplosione" del radicalismo islamico algerino del '95.
L'Autore, avvalendosi di una imponente mole di fonti, ufficiali e non, muove dal presupposto che gli attentati dinamitardi, i rapimenti di ostaggi occidentali e i dirottamenti aerei attribuiti a diversi gruppi terroristici, di cui noi tutti conserviamo viva memoria per la scia di devastazione e morte che hanno lasciato alle loro spalle, siano stati ispirati, ideati e finanziati dai vertici della "mullahcrazia" iraniana nel malcelato intento di combattere il "demone-occidente" e di esportare la rivoluzione khomeinista nei Paesi arabi moderati. Si tratta di un'ipotesi notoriamente condivisa nel tempo da molti Servizi d'intelligence occidentali e arabi, intorno alla quale lo scrittore, proprio in quanto tale svincolato da oneri probatori, lavora con professionalità attraverso un sapiente dosaggio di fatti, indizi, connessioni logiche e supposizioni.
Tra i "fatti", nel libro, viene sottolineata la diretta e mai negata dipendenza da Teheran di gruppi terroristici quali Hizbollah libanese, movimento sciita resosi responsabile di numerosi attentati dinamitardi ai danni di obiettivi ebraici e statunitensi nonché di dirottamenti aerei e rapimenti di cittadini occidentali in Libano.
Sono convincenti, del resto, le valutazioni dell'Autore secondo le quali la rivoluzione iraniana e l'instaurazione della teocrazia a Teheran hanno rappresentato un modello da imitare per tutti i gruppi di ispirazione islamica e fornito "linfa vitale" e nuove opportunità operative ai movimenti armati della Jihad che si propongono di instaurare la legge islamica nei propri paesi.
O'Ballance ha facile gioco nel dimostrare l'utilizzo, da parte del regime khomeinista, di tutti gli strumenti a disposizione di uno Stato (finanziamenti, protezioni istituzionali, addestramenti, intelligence) per costituire un "network del terrore" allo scopo di preservare il potere all'interno del paese e di rappresentare l'Iran quale principale baluardo islamico contro "l'occidente corrotto e corruttore". Tuttavia, la suggestiva ipotesi formulata dall'Autore in merito al coinvolgimento iraniano nell'organizzazione di atti terroristici, anche eclatanti (come l'esplosione a New York del World Trade Center), attribuibili a movimenti radicali di matrice sunnita, non appare suffragata dai necessari riscontri e, soprattutto, non tiene nella dovuta considerazione le differenze ideologiche e strategiche (che vengono appena accennate) tra l'Iran sciita ed il complesso ed articolato mondo dell'estremismo sunnita che ha disposto, e dispone tuttora, delle capacità finanziarie, organizzative e tecniche per agire autonomamente.
"The Iranian Connection" è la rete delle ambasciate e delle strutture diplomatiche iraniane dislocate nel mondo, presso le quali, godendo delle immunità diplomatiche, avrebbero operato, nel periodo preso in esame dall'Autore, agenti degli apparati informativi e terroristici del regime con il compito di creare e mantenere contatti con gruppi radicali presenti in diversi paesi, fornire loro supporto ideologico e logistico, finanziamenti e armi nonché per "eliminare" gli avversari politici all'estero.
O'Ballance, peraltro, partendo dallo studio delle metodologie terroristiche, adottate come "strumento di politica interna ed estera", offre al lettore numerosi spunti di riflessione circa il pericolo rappresentato dai movimenti estremistici islamici che, una volta conquistato il potere in un paese, non avrebbero altra scelta che utilizzare le stesse metodologie per mantenerlo.
|
|